(da Regole di Musica 1609)
Havendo io più volte con V.S. ragionato di tante varie opinioni, e capricci, che nei Musici sopra il contrappunto si trovano;
Mi fu da lei [l’intestatario della dedica] imposto che sopra queste confusioni, & contrarietà dei contrappuntisti (che certo ingombrano la mente dei poveri principianti curiosi di vedere tanta varietà di leggi e di opinioni) gli dicessi il parer mio.
Dunque il parer mio è, che l’Osservazione non è altro che,
Non sarà però caso di violata osservazione, se qualche bell’ingegno vorrà nei suoi contrappunti far altrimenti, & accadendo a legarsi la sesta maggiore con altra consonanza avanti, rendendo alla quinta, a mio giudizio non si contravviene alla regola della osservazione, che scende con la [sesta] maggiore. Perciò che, in questo passo, tal sesta si fa a guisa di dissonanza: che se la settima (la quale è più dura della sesta) può legarsi, chi dirà ragionevolmente che la sesta maggiore non si leghi venendo alla quinta?
Oltre a ciò direi che tutte le volte che il contrappuntista attende ad esser vago, e far buon effetto, non è obbligato a tanti capricci degli altri: perciò che alle volte il contrappunto ristretto, a tanti obblighi di regole, & osservazioni, non può esser vago, e di dolce effetto, opponendosi a questo, molti inconvenienti che da tali osservazioni nascono. Non perciò resta ch’io non lodi l’osservazione, ma siamo piuttosto obbligati al vago e dolce concento, che a tante sorti di leggi. Il ché chiaramente si conferma dalla autorità di coloro, che hanno atteso alla vaghezza più che alla osservazione. Perciò che, altra cosa è il dire, & altro il fare.
Ma quando, senza impedimento di qualche obbligo si potesse osservar, io lo loderei.