SILVESTRO GANASSI: "OPERA INTITULATA FONTEGARA" Venezia, 1535

Traduzione in italiano corrente dei capitoli 23, 24, 25 dedicati al suonare artificioso.

 

 

Capitolo 23 - Regola e ordine del suonare artificioso.

Come dichiarato nel capitolo primo della presente opera, tutti gli strumenti musicali debbono procedere nel suonare a imitazione della voce umana di cui saranno sempre copie imperfette. Nel capitolo seguente si illustreranno alcune vie e parti necessarie a ciò che noi definiamo sonare artificioso.

Prima intenderai come volendo tu —lettore- procedere per imitazione, la ragione debba avere a modello l’esperto ed abile cantore e, di conseguenza, procedere per un suonare composto di tre specie: la prima sarà specie di imitazione, la seconda di prontezza e la terza di galanteria. Sappi inoltre che queste tre specie sono unite insieme, ossia che mai si debba praticare l’una senza le altre. La principale delle tre specie suddette è l’imitazione; e allo stesso modo in cui procederà il suonare per imitazione, così procederanno la prontezza e la galanteria. Pertanto, nel capitolo che segue, definirò che cosa sia questa imitazione, da dove sia derivata e il modo di esercitarla; allo stesso modo farò per la prontezza e la galanteria nel modo che ora vedrai.

 

Capitolo 24 — Definizione dell’imitazione, della prontezza e della galanteria.

Sappi, lettore, che l’imitazione deriva dall’artificio, la prontezza dal fiato e la galanteria dal tremolo delle dita. L’imitazione deve dunque rifarsi alla voce umana nel modo che essa alle volte cresce e manca. Pertanto si utilizzerà il fiato mediocre -come indicato nel capitolo secondo- in modo da poter aumentare o diminuire il fiato ed essere sempre in una voce medesima con l’artificio del cantore. Vari e diversi debbono essere gli effetti soavi e vivaci come fa la voce umana. Ma occorre anche, come sopra detto, che l’imitazione sia accompagnata dalla prontezza e dalla galanteria. La prontezza infatti deriva anch’essa dall’uso del fiato, e se l’imitazione sarà soave, o placabile, o vivace; simile sarà la prontezza e pure la galanteria. Difficile sarebbe mostrare i vari effetti della prontezza, se non con il farne esempio, perché la prontezza non potrà dimostrare i suoi vari effetti soavi e vivaci, simili all’imitazione, se non con l’esperienza. Se tu volessi indagare il fiato di estrema prontezza, sarà necessario prima procedere con fiato quietissimo e poi con fiato superbissimo, con il quale modo conoscerai l’effetto dell’estrema prontezza. Volendola alquanto temperare, procederai con un fiato mediocre e in seguito aumenterai e diminuirai tale fiato più e meno secondo le occasioni, sino a che per tale esperienza ti sarà chiaro ogni vario effetto necessario alla prontezza: non è possibile mostrare e provare tali effetti della prontezza in altro modo. Ma altro occorre ora dire.

La galanteria mostra in modo più evidente i suoi effetti, perché non solo li mostra con il parlare, ma anche con la regola figurativa come fa l’imitazione. Questa specie di galanteria deriva e nasce dal tremulo del dito sul foro e sulla voce del flauto stesso. A causa di tale azione delle dita, si trovano alcune voci —o note- che alterate con il tremolo, variano di una terza o più o meno; altre variano di un tono o più o meno; altre variano di un semitono o più o meno. Tali intervalli così piccoli non sembreranno veri ai nostri orecchi, se non che per mezzo di uno strumento a corde —o di una corda sola- si potrà mostrare per mezzo della divisione fatta del diapason della corda stessa.

Dunque la galanteria vivace e aumentata sarà quella che farà variare il suono d’una terza o più o meno; la mediocre varierà di un tono o più o meno; la soave varierà di un semitono o più o meno del semitono stesso. Per mezzo di questo ordine e via sarai preparato all’uso pertinente dell’imitazione, della prontezza e della galanteria.

Ora, di seguito, illustrerò i modi della regola figurata.

 

Capitolo 25 — Dimostrazione della regola figurata.

Il modo che sarà atto e necessario all’artificio che causerà l’imitazione così come sopra descritta è simile alla regola quale in principio di questo trattato è stata esposta. Pertanto qui ti è reso noto che l’imitazione vivace e gagliarda sarà segnata con la lettera "v"; quella voce che voglio che col dito si tremoli per causarsi una galanteria, sarà segnato con la lettera "t"; e così col medesimo modo sarà posta l’imitazione soave, la cui armonica soavità sarà mostrata per mezzo della lettera "s". Se l’imitazione sarà vivace anche la galanteria sarà vivace; se soave sarà il tremolo, lo sarà anche la galanteria. La prontezza, invece —che deriva dal fiato- dovrai utilizzarla nelle sue varietà di soave e vivace in base all’esperienza fatta.

Tieni inoltre conto che il modo da me suggerito si riferisce a flauti di un medesimo costruttore. Se non ti fosse possibile procedere con flauti di uno stesso maestro, occorrerà che ti industri per scoprire tutte le varie posizioni con cui si ottengono le galanterie da me insegnate nelle figure di questo capitolo, perché dove manca natura deve l’arte essere maestra. Ritengo pertanto di averti qui dato sufficienti indicazioni, perché è indubbio che con l’esperienza tu possa giungere al desiato porto della perfezione di tale strumento. Nota che ogni voce la puoi fare soave con il medesimo modo, scoprendo un poco la voce e darli meno fiato, sì che non metto per tutte le galanterie la corrispondente immagine.

 

Nella figura sopra mostrata appaiono alcuni buchi, ovvero voci, mezzo aperte o chiuse. Di questo sappi che non posso mostrarti nessuna regola precisa, perché alcune di queste mezze voci saranno più o meno ampie, come ti mostrerà soltanto l’esperienza e come soltanto l’orecchio saprà giudicare.

Piuttosto ti mostrerò il tempo e la ragione di mettere in opera questi insegnamenti sull’imitazione, la prontezza e la galanteria (cioè la voce vivace o soave). Sappi che, in questo senso, il tuo maestro sarà sufficiente e perito cantore e giudice quando a lui sottoporrai i tuoi studi. In primo luogo considererà la natura delle parole della composizione; se dette parole sono di natura allegra, lui le pronuncerà con tono e voce allegra; se invece sono di natura lamentevole, lui le pronuncerà in modo soave e lamentevole. Tu nel suonare procederai allo stesso modo: con suono soave e lamentevole se tali sono le parole; con suono allegro e vivace se tali sono le parole, sempre ricordando che questi sono i corretti principi dell’imitazione della voce umana.

Penso qui di non procedere più a lungo, avendo io sempre privilegiato il mezzo della brevità: Ti offro quindi —lettore- questa mia poca fatica e prego Dio onnipotente che sia da te accettata con benevolenza e amore; e se in mezzo ad essa vi sarà alcun errore, per tua grazia scusami, considerando quanto volentieri per te mi sono non poco affaticato. Se poi la mia opera non ti soddisferà —benigno e umanissimo lettore- non me ne incolpare, ma piuttosto dai colpa al mio poco sapere e accetta soltanto il mio benvolere.

Vale.

Fabio Bonvicini — Novembre 2003

-Ritorna-